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Come non farsi intimidire dal giudizio degli altri

Nella famosa Piramide dei bisogni di Maslow i bisogni di appartenenza si collocano al terzo posto e in effetti sappiamo tutti quanto sia avvertito come primario il bisogno di essere amati e accettati da chi ci circonda.

La paura del giudizio altrui è forte e diffusa perché sottende appunto il timore di essere emarginati, di non essere compresi, di essere esclusi da un gruppo.

Tutto ciò è profondamente umano. Siamo fatti per aggregarci, lo desideriamo e ne abbiamo necessità.

Talvolta ce ne accorgiamo, prepotentemente, osservando le fasi di adolescenza e giovinezza, quando essere parte del gruppo è un’aspirazione e una scelta rassicurante. Crescendo dovremmo imparare poi a relazionarci diversamente con “gli altri”. L’idea di essere unici e di poter esprimere questa unicità è però il risultato di un percorso di crescita personale che qualche volta possiamo scoprire incompiuto anche in età adulta.

A quante scelte rinunciamo temendo non siano approvate da chi ci circonda? Quante determinazioni rinviamo per il terrore di essere additati, derisi, disprezzati?

 

Quante volte reprimiamo idee e opinioni pur di non esporci al giudizio degli altri?

 

In alcuni casi possiamo decidere strategicamente che è opportuno rinunciare, rimandare o tacere, ma molte altre volte lo facciamo solo perché siamo vittime di quella soggezione.

Spesso il peggior elemento condizionante siamo noi stessi. Noi che ci lasciamo intimidire, noi che pensiamo che tutti siano pronti a guardare e condannare ciò che facciamo o diciamo. Altrettanto frequentemente siamo succubi di una scarsa fiducia in noi stessi e nelle nostre possibilità.

Sostanzialmente temiamo gli altri perché non ci sentiamo in grado di sostenere chi siamo oppure perché crediamo che in qualche modo la nostra vita dipenda da quello che gli altri pensano di noi.

 

Come possiamo superare questo timore?

 

1)pretendendo meno da noi stessi;

2)comprendendo che non si può essere graditi a tutti;

3)coltivando le esperienze di piacere dell’autenticità.

Possiamo mescolare questi punti per fare i primi passi verso la liberazione dal giudizio altrui infatti ci consentono di riconoscerci con più leggerezza la possibilità di sbagliare, quella di distinguerci dagli altri, quella di seguire le proprie aspirazioni, i propri sogni ed obiettivi, le proprie inclinazioni.

 

In che modo possiamo cominciare?

Dalle piccole pratiche quotidiane. Se ci mettiamo alla prova scopriamo che non sempre il cammino di affrancamento ed evoluzione personale corre in salita, talora si presenta anzi come una discesa lungo la quale incontrare nuovi stimoli e nuova linfa.

Facciamo un esempio. Esprimere un parere contrario a quello dei colleghi, del capo, degli amici a)non significa scontrarsi con aggressività b)può dare dimostrazione delle nostre conoscenze, competenze, qualità c)può affermare la nostra sincerità e la nostra corretta partecipazione emotiva. Questo vuol dire che in realtà se siamo pacatamente e schiettamente noi stessi ci ritroveremo molto meno tesi, sicuramente più attivi e indipendenti e, almeno potenzialmente, più facilmente riconosciuti per la nostra franchezza.

Peraltro lasciamo così emergere il valore del confronto e dello scambio. Ne usciamo più carichi e molto probabilmente ne usciranno più carichi anche gli altri.

Questa autenticità innesca un processo positivo in noi stessi. Un po’ alla volta ci spoglia del fardello della paura e allenta i freni alla nostra efficacia e alla nostra autonomia. Avvertiamo infatti una sensazione positiva perché ci svincoliamo dall’opprimente limite del timore degli altri e di sé.

Non vi è ragione per ignorare che la nostra diversità sia la maggior ricchezza di cui disponiamo.

Possiamo spingerci oltre e considerare che la maggior parte delle persone, in verità, non ama chi non si espone, chi si sottrae, chi non esprime la propria personalità. Altra ottima motivazione no?

Le invenzioni, le innovazioni, le grandi formule creative -ricordiamolo- sono sempre state il frutto del coraggio di sottrarsi al giudizio altrui.

 

Stefano Pigolotti

 

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