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Come trovare la soluzione…per tutto!

Se c’è una soluzione perché ti preoccupi?

Se non c’è una soluzione perché ti preoccupi? (Aristotele)

 

Sappiamo che non c’è, una soluzione per tutto. La logica aristotelica ce lo ricorda, ma ci ricorda anche di non sprecarci in inutili affanni.

In realtà la preoccupazione, oltre che umana, è utile. Ci fa comprendere quanto conta una situazione, come possiamo affrontare un problema. Invece di lasciarci in preda all’impulso può aiutarci a ragionare.

Ciò di cui spesso siamo preda però è la tentazione di concentrare ogni energia e ogni risorsa sul problema invece di focalizzarci sulla soluzione.

La preoccupazione supera il livello di guardia e finisce per assorbirci completamente, allontanandoci dalla possibilità di affrontare efficacemente la difficoltà, la situazione problematica, la questione da dipanare.

Creatività, strategia, diplomazia, competenze, determinazione: questi e molti altri elementi possono essere la chiave per aiutarci a trovare la via risolutiva. Per metterli in campo è importante essere lucidi, possibilisti, positivamente orientati.

 

Posso fare qualcosa? Come posso agire?

 

Questo vuol dire semplificare il nostro atteggiamento nei confronti del problema ovvero indirizzarci in maniera costruttiva al risultato.

C’è chi è naturalmente portato, si dice, a ingigantire gli ostacoli e chi, viceversa, tende sempre a vedere il bicchiere mezzo pieno o la bottiglia per riempirlo.

In realtà la capacità di problem solving si può affinare, migliorare, potenziare.

Dobbiamo conoscere il problema analizzandolo senza paura, come un rebus sul quale applicarsi con passione, come una partita in cui giocare le nostre carte migliori. Muovendoci domande e dandoci risposte riusciamo poi a scinderlo in parti che possiamo affrontare a step oppure inquadrarlo in una dimensione nella quale dobbiamo agire con l’aiuto di altri o, ancora, trovare il bandolo della matassa.

Questo lavoro di approccio alla criticità spiega una serie di effetti vantaggiosi:

-sposta le forze dal problema al circuito virtuoso per farvi fronte;

-stimola tutte le nostre abilità e la nostra fantasia;

-mette in relazione tutte le informazioni e le alternative possibili;

-attiva il cambio di prospettiva, ci aiuta cioè a vedere il problema da altri punti di vista, a metterlo in relazione a nuove opportunità.

Questi fattori insieme aumentano le nostre probabilità di riuscire a superare vittoriosamente il problema e rafforzano la nostra sensazione di autoefficacia.

Non tutti i problemi sono risolvibili ma quelli che lo sono hanno bisogno del nostro atteggiamento propositivo, efficace, perseverante, ottimista: non è il problema a fare la differenza, siamo noi.

Naturalmente è importantissima anche la «distanza»: la distanza di osservazione. Talvolta siamo emotivamente troppo coinvolti per dargli la giusta misura, per definirne correttamente i confini, per inquadrarlo nella sua portata autentica.

 

Più impariamo a non immedesimarci nel problema e a esaminarlo razionalmente più generiamo un pratico, valido, produttivo approccio alla situazione.

Non possiamo però ignorare che il problem solving è strettamente connesso alla responsabilità che ci assumiamo come protagonisti della nostra vita.

È questa responsabilità a darci stimoli, coraggio, motivazioni per affrontare le difficoltà.

È questa responsabilità che riesce a farci agire invece di impantanarci in ipotesi di colpe o sfortune.

È questa responsabilità che riesce a predisporci a desiderare intensamente la soluzione smuovendo in noi genio, grinta, tattica e influssi e propiziando dall’esterno influssi favorevoli.

 

Stefano Pigolotti

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