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Cosa ci dice il cervello?

Ogni cosa che diciamo o facciamo è espressa principalmente con la nostra personale prospettiva. Tale visione è la fusione tra l’aspettativa e il pregiudizio, che ovviamente sono elementi assolutamente soggettivi, che si annidano nel nostro “cervello emozionale”.

Il pregiudizio, per esempio, è impossibile da escludere da ciò che viviamo, sentiamo, sviluppiamo.

Vi è una frase di Goethe che cristallizza perfettamente questo assunto «Nel sapere come nell’agire il pregiudizio decide tutto, e il pregiudizio è un giudizio emesso ancor prima che venga fatta un’indagine. È l’assenso o la negazione di ciò che corrisponde alla nostra natura oppure la contrasta».

 

Ma perché accade questo?

 

In realtà perché siamo spinti dal soddisfacimento dei nostri bisogni e dal voler limitare le nostre paure, quindi puntiamo, per dar soddisfazione alla nostra istintività cerebrale, a fare il minimo indispensabile per evolvere, a liquidare il prima possibile (senza approfondire) rischi, dubbi, aggressioni, ecc.. Immaginate ora di applicare questi concetti nel momento di emergenza attuale, tutti i nostri desideri e bisogni sono inevitabilmente IPERAMPLIFICATI.

Rispetto alle forti sollecitazioni derivanti dalle privazioni di questi giorno, le reazioni sono principalmente aggressive: “Ma dove corre quel runner?”, “Perché la mia azienda deve chiudere?”, “Perché non chiude?”, “Il mio settore è in ginocchio, dove sono gli aiuti?”, “Perché i cani si e i bimbi no?”. Si potrebbero scrivere citazioni negative all’infinito.

Ad aggravare ancor di più questo pessimismo diffuso, in questo periodo difficile, ci sono uomini e donne che comunicano sfacciatamente la loro fortuna (presunta il più delle volte) perché si sentono privilegiati nella loro condizione vivendo una situazione lavorativa più agevole, grazie ad un’abitazione confortevole con un ampio giardino, per la capacità di adeguarsi in maniera rapida ad una situazione intricata o, ancora per aver avuto la capacità di rinsaldare i rapporti nonostante la distanza.
Questa situazione di vantaggio (relativo s’intende), talvolta è pomposamente espressa con una falsa forma di banale autogratificazione, che fa sentire coloro che la avvertono dei supereroi invincibili. 

Per loro non vi è futuro! Perché questo tipo di autostima si è già trasformata in fastidiosa arroganza, la società non li perdonerà e, a “guerra finita”, la memoria di chi li giudicherà duramente allontanandoli a causa della loro superbia.

Queste persone invece dovrebbero cogliere la grande occasione di non scadere nella limitata autostima, ma di evolvere nella più gratificante e utile autorealizzazione (come ci insegna Maslow nella sua famosa piramide dei bisogni del 1954!).
A questa sublime condizione ci si arriva in un solo modo: Donando!

Riversando positività senza spocchia. Aiutando, mantenendosi umili. Vi sarà memoria anche per questo atteggiamento e tanta riconoscenza.

Ciò che oggi appare VANTAGGIOSO o NEGATIVO è quindi inevitabilmente relativo.

 

Attenzione, non sto dicendo che non vi siano condizioni oggettive che innescano TRISTEZZA o SODDISFAZIONE, sto significando che è l’esasperazione delle stesse che altera il nostro comportamento trasformandole in FRUSTRAZIONE o ESALTAZIONE.

Questo accade a causa della nostra necessità di innescare risposte istintive a ciò che percepiamo o desideriamo ottenere attraverso il pregiudizio o l’aspettativa cerebrale attuando una situazione di comodità.

 

Il nostro peggior nemico è quindi proprio il nostro cervello (dove risiedono anche le nostre elaborazioni emozionali) che ricerca sempre la via più breve e facile per poter arrivare ad un risultato con il minore spreco energetico.

Se lo assecondiamo senza obbligarlo a pensare, ci accompagnerà ISTINTIVAMENTE verso la scelta più agevole. Ecco perché la tristezza ci affossa e la felicità ci spinge all’esaltazione arrogante.

Dobbiamo sforzarci di uscire da una condizione di comodità soggettiva (zona confort) e spingerci ad una condizione di maggiore oggettività.

Ma quella situazione che mi abbatte è realmente (e assolutamente) così NEGATIVA o mi fa comodo pensarlo, così non devo impegnarmi per reagire?

E, invece, quella condizione che mi ESALTA è veramente così eclatante da farmi diventare addirittura antipatico, oppure mi conviene perché anestetizzo le mie paure?

 

Dobbiamo impegnarci. Faticare per avere una visione più ampia e oggettiva.

 

Se sapremo focalizzare quei momenti di orientamento alla comodità, rallentarli, come se fosse una pellicola, comprenderli e cambiare qualche fotogramma che li compone, potremo davvero avere un film diverso. Sicuramente più nostro!

Oggi che siamo dei confinati.

Che disponiamo di ciò che da sempre desideriamo: il tempo!

che ci poniamo così tante domande (forse mai poste prima).

Ecco, oggi, in queste condizioni, credo vi sia un’occasione unica da cogliere.

Non è mia intenzione fare della banale psicologia, ma mi piace raccontare ciò che vivo e approfondisco.

Personalmente, per capirlo, devo studiare e soprattutto scrivere.

Già proprio così, attraverso la scrittura riesco a rallentare lo scorrere automatico e istintivo delle emozioni. Non intendo controllarle, ma capirle, focalizzarle al meglio!

Questo è uno dei miei falsi bersagli per ingannare l’istintività del mio cervello, lo SLOW MOTION!

Credo che ognuno debba indagare dentro di se. Perquisirsi al fine di scovare il suo personale modo per essere orientato alla propria autorealizzazione.

E’ un tempo complicato, quello che viviamo.

Ma, credetemi, non tutti i mali vengono per nuocere!

 

Stefano Pigolotti

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