“La libertà è il potere che appartiene all’uomo di fare tutto ciò che non lede i diritti altrui: essa ha il suo fondamento nella natura, la sua regola nella giustizia, la sua salvaguardia nella legge…”
Così recita la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, stilata dall’Assemblea Generale Costituente dopo la Rivoluzione Francese. Gran parte del contenuto del documento francese confluì poi nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dalle Nazioni Unite nel 1948.
Sulla libertà, valore fondamentale e imprescindibile, si sono espressi i più grandi filosofi e pensatori della storia e credo non rimanga altro, in questo momento, se non operare una ricerca accurata e rispettosa del loro pensiero, per comprenderne profondamente l’essenza e far tornare attuale il suo valore.
Probabilmente è lì tra le loro parole che troveremo le risposte alle nostre domande. Domande vecchie e nuove, stimolate da desideri, paure e nuove visioni del nostro futuro.
“Persona libera, sia allo stato di natura che nella società civile, è chi possiede la propria persona” (N.O. Brown)
Consapevolezza. E’ ciò che il letterato statunitense, nel secolo scorso, ci voleva suggerire. Uno sguardo al nostro interno, per trovare in noi il significato di libertà e non dover cedere ad altri il diritto di possedere la nostra persona. E per possedere se stessi bisogna prima di tutto conoscersi, ma anche conoscere i propri limiti, le proprie debolezze, così da non farne cibo per le altrui voglie.
“Non vi è libertà ogni qualvolta le leggi permettono che, in alcuni eventi, l’uomo cessi di essere persona e diventi cosa” (C. Beccaria)
Non è scontato che in tutte le culture e in tutte le parti del mondo il concetto di libertà abbia lo stesso valore. Negli ultimi due mesi ci siamo sentiti privati di alcune nostre libertà, per necessità collettive e prioritarie. Pur riconoscendo la necessità di osservare queste nuove regole di convivenza, abbiamo sentito un senso di frustrazione e limitazione. Talvolta di abuso.
Quando una fonte di autorità e potere ci impone qualcosa che avvertiamo come lesiva dei nostri diritti fondamentali, passiamo dal sentirci soggetto di diritto ad oggetto. Se poi esiste un’eccedenza di regole da osservare, tanto da farci sentire di aver perso autonomia nella nostra quotidianità, sembra che qualcuno voglia disporre della nostra persona come se fosse, appunto una cosa.
Nel nostro Paese alcune libertà sono talmente scontate, che non riusciamo a metterci nei panni di coloro che ne sono privati a causa di atti o fatti politici. Ecco una delle domande che forse non ci siamo mai posti: “e se per tutta la mia vita io fossi privato della possibilità di spostarmi, lavorare, intrattenere liberamente le mie relazioni?”
“Il vero segno della libertà ha come condizione fondamentale la riduzione della giornata lavorativa” (K. Marx)
Forse può far sorridere la dissonanza che esiste tra il diritto manifestato dal filosofo tedesco nella sua critica al capitalismo, e il disagio da tutti noi manifestato per essere stati privati della possibilità di portare avanti le nostre normali attività lavorative durante il lockdown. Trascorriamo gran parte del tempo impegnati nel lavoro e reclamiamo riposo e tempo libero da trascorrere in famiglia. Ma se ciò viene imposto come regola, ci destabilizza. Innanzitutto ci priva di una fonte di reddito e quindi di potere di acquisto, e poi ci costringe a rivedere le nostre priorità.
Ancor più vero è il fatto che in una società consumistica e capitalista, esercitiamo potere tramite il denaro e la proprietà privata. Ecco allora alcune altre domande scomode a cui rispondere: “che rapporto ho col mio potere personale?”
“Quanto potere attribuisco a fattori esterni come il denaro, lo status, l’autorità?”
“Mostrami chi non è schiavo: uno lo è della libidine, l’altro dell’avarizia, l’altro ancora dell’ambizione; tutti della paura. La schiavitù più avvilente è quella volontaria” (Seneca)
Dobbiamo tornare indietro di oltre duemila anni per ritrovare un pensiero che esprime quanto noi esseri umani siamo capaci di costruirci attorno gabbie fatte di pulsioni e vizi che dominano le nostre scelte, e quindi, di fatto, la nostra libertà. Non è forse vero che a volte siamo schiavi, per scelta, della nostra carriera e dei beni che possediamo? “Aver perso il lavoro e il reddito, ridefinisce anche la mia identità e la mia dignità?”.
“Quando posso fare ciò che voglio sono libero. Però non sono libero di volere ciò che voglio” (Voltaire)
Ma la schiavitù che forse dobbiamo temere di più è quella di cui non siamo consapevoli, perché veicolata da una comunicazione manipolatoria. I mass media indirizzano l’informazione e le nostre scelte, fino a forgiarci nei nostri desideri più profondi. Altre nuove e perniciose domande: “sono libero di decidere ciò che voglio?” e soprattutto “so cosa voglio veramente?”.
Stefano Pigolotti